Il restauro e la pulitura della facciata della nostra chiesa (2011), permettono di procedere con sguardo retrospettivo ad uno degli interventi più significativi che essa ha avuto nello scorso secolo.

Le prime testimonianze sulla chiesa parrocchiale risalgono al 25 marzo 1687 quando il comune rivolse al governo veneto una supplica per la costruzione di una nuova chiesa che sostituisse la vecchia ormai inadatta alla crescente popolazione. Era giovedì 19 novembre 1711 che alla presenza dei deputati del comune e della popolazione tutta, si procedette alla traslazione del SS. Sacramento dalla vecchia alla nuova chiesa parrocchiale.

La facciata si suppone trovi un assetto nelle sue linee fondamentali, già nei decenni successivi e poi attraverso diverse fasi tra il XVIII e XIX secolo. L’intervento di restauro meglio testimoniato è opera degli anni trenta del ‘900 e ne siamo a conoscenza grazie ad un fitto carteggio custodito nell’Archivio Parrocchiale, tra la commissione incaricata del coordinamento dei lavori, le ditte esecutrici e la Reale Sovrintendenza dell’arte medievale e moderna con sede a Milano.

Il prolungamento della chiesa

Il rifacimento della facciata negli anni ’30, si inserisce in un progetto più vasto di ampliamento della chiesa parrocchiale preso in considerazione nei medesimi anni. Alcuni progetti, che necessitano ancora di un attento studio, ci presentano il progetto di prolungamento della chiesa proposto dal geometra Alfredo Marchesi di Brescia. Nel novembre del 1930 don Bettoli probabile insegnante della Scuola Superiore d’Arte Cristiana Beato Angelico di Milano, comunicò per iscritto le proprie osservazioni in particolare considerando tre aspetti: estetico, economico ed utilitario. Secondo don Bettoli una modifica delle proporzioni avrebbe creato una disarmonia estetica nello stile settecentesco. Se una modifica si fosse resa davvero necessaria, (il problema principale era un problema di capienza) un prolungamento avrebbe dovuto avvenire verso la facciata, da ricostruirsi tale quale essa si presentava, in tutti i suoi elementi e particolari decorativi. Nel complesso, tenuto conto anche delle considerazioni economiche e pratiche, don Bettoli non fu completamente favorevole ad un intervento sulla struttura esistente, secondo la maestranza, la necessità di maggiore capienza avrebbe dovuto essere studiata indipendentemente dalla struttura presente.

Accantonato quindi il progetto di prolungamento, la commissione procedette nell’indagine per il rifacimento della facciata. La direzione tecnica dei lavori fu affidata fin dal 1930 al geometra Alfredo Marchesi di via Trento a Brescia, e la commissione delineò, già nei primi mesi del 1931 i termini di assegnazione dei lavori interpellando e mettendo in concorrenza diverse ditte, precisandone le condizioni di fornitura e i termini di consegna. Nel frattempo venne messa a conoscenza anche la reale Sovrintendenza che eseguì un sopralluogo il giorno giovedì 16 aprile 1931.

I lavori

Dal carteggio e da una relazione dimostrativa dell’opera svolta dalla commissione veniamo a conoscenza delle ditte che si aggiudicarono gli interventi sulla facciata:

  • le opere in pietra, ossia il basamento in pietra di Botticino fu commissionato alla ditta Cadei di Sarnico;
  • le opere cementizie (le nicchie, le decorazioni del finestrone centrale, le lesene, i capitelli) eseguiti in cemento bianco e polvere di marmo, vennero affidate alla ditta Sterli & Bonichini di Ospitaletto;
  • le opere murarie invece alla ditta Bianchi e Stefanini.

L’occasione per la spesa del ponteggio che coprì tutta la facciata spinse la commissione a decidere sulla posa nelle apposite nicchie di quattro statue ordinate alla ditta Carlo Comana di Bergamo e, visto l’avanzato stato di deterioramento del finestrone centrale, la sostituzione dello stesso con una vetrata affidata alla Vetreria Artistica Fratelli Marengoni di Brescia. Risulta necessario soffermarsi su queste due ultime opere.

La vetrata

Era il 14 agosto del 1931, quando la commissione interpellò 4 ditte per la fornitura e posa di una vetrata artistica sulla facciata. Il lavoro venne aggiudicato dalla ditta Marengoni che tre giorni dopo fornì il proprio preventivo di spesa per una vetrata istoriata con colori cotti a gran fuoco e legata in piombo, raffigurante, come richiesto dalla commissione stessa, la riproduzione dell’Immacolata Concezione del Murillo, pittore spagnolo operante a Siviglia in pieno Seicento, con una fascia di contorno di 12 cm e quindi una decorazione in sintonia con lo stile della chiesa tale da coprire l’intero vano che misura cm 190×380. il termine di consegna del lavoro venne fissato per il 15 ottobre.

Le statue

Più complessa risultò invece la creazione della quattro statue che riempiono le quattro nicchie della facciata. Il 20 agosto 1931 la commissione comunicò alla ditta Carlo Comana di Bergamo l’affidamento di due statue in pietra corna di Botticino, dell’altezza di mt 2,10 raffiguranti S.Giovanni e S.Marco evangelisti, con i relativi simboli dell’aquila per il primo e del leone per il secondo. Le esigenze della commissione erano precise e dettagliate: in stile settecentesco; i massi di pietra bianca della migliore qualità; lavorate a gradina nei panni e a scalpello nel nudo; la posa dei modelli in gesso sarebbe stata sottoposta al giudizio della commissione e del direttore; il lavoro avrebbe trovato termine entro il 20 ottobre di quell’anno. Un post scrittum nella medesima lettera, abbozza l’idea di dare avvio anche ad altre due statue da porre nelle nicchie inferiori, ma si preferì soprassedere ed attendere i primi due modelli. Già otto giorni dopo, il modello dell’evangelista Giovanni era pronto, e quindi apportate alcune modifiche venne confermato.

L’8 novembre 1931 il parroco Salvi don Rocco a nome della commissione, precisò alla ditta Comana di prestare particolare attenzione (più di quanto non si fosse fatto con le statue di San Giovanni e San Marco) alla rifinitura delle mani e del viso delle due restanti statue di San Luca e San Matteo frattanto ordinate, poiché collocate all’altezza di soli quattro metri dal suolo e quindi ben visibili da tutti. Non fu certamente un’indicazione di poco conto, se un paio di mesi dopo, il 9 gennaio del 1932, la commissione nuovamente insistette affinché si procedesse al rifacimento del viso della statua di San Luca che, si legge, non incontrò il gusto della popolazione. Il 20 gennaio del 1932 un operaio scultore della ditta Comana diede inizio ai ritocchi concludendo l’opera delle quattro statue ancora visibili nelle nicchie delle facciata.

La Sovrintendenza

A questo punto tutta la complessa vicenda sembrerebbe in sostanza conclusa, se non chè il 16 marzo 1932 (a un anno circa dall’ultimo sopralluogo) il Cav. Calzecchi direttore del reparto monumenti della Reale Sovrintendenza dell’arte medievale e moderna di Milano chiese alla commissione un aggiornamento dopo essere “rimasta a lungo tempo priva di notizie”. Il Cav. Tenne a precisare, forse essendone già a conoscenza, che “eventuali lavori eseguito sia all’interno che all’esterno senza autorizzazione sono da considerarsi arbitrari”. La lettera non mancò di destare qualche preoccupazione nella commissione, rintracciabile in un breve scambio epistolare tra i componenti la commissione stessa. Necessaria a questo punto fu una visita del Cav. Calzecchi che con lettera del 21 giugno esprime contrarietà sull’opera compiuta per l’uso di materiali differenti rispetto all’origine: intonaci cementiti al posto dei consueti intonaci a calce e stucco, per le coloriture arbitrarie, per la sostituzione di motivi decorativi. La lettera si fa categorica, “ gli arbitri eseguiti vanno eliminati” : vanno riprodotti gli stucchi antichi nel timpano e nella finestra centrale e nelle nicchie dell’ordine superiore, va ricollocato il tetto a tegole curve sopra il cornicione dell’ordine superiore; va rinnovata la coloritura dell’intera facciata con toni come da successive disposizioni. La lettera inoltre fa riferimento all’esistenza di una fotografia che attesta la facciata prima dei lavori eseguita dalla Fototecnica Moderna di corso Magenta 25 a Brescia e due copie della facciata dopo i lavori. Con lettera del 30 giugno 1932 la commissione cercò di dare spiegazione degli interventi effettuati nati dalla necessità di non eseguire dei rattoppi sull’esistente; sull’utilizzo di materiali preventivamente accordati e nel non aver eseguito nessun tipo di coloritura. Alla stessa vennero allegate le fotografie richieste.

Queste prime tre lettere danno inizio ad un nutrito carteggio che vedrà coinvolto, oltre alla Prefettura bresciana, anche il podestà di Ospitaletto commendator Federico Serlini, che sembra rivestire un ruolo di non poco conto nella controversia. Le parti fissarono il 31 dicembre 1933 come termine per le modifiche richieste dalla sovrintendenza. Il I ottobre 1933, a circa un anno dalle ultime lettere, il geometra Marchesi portò a conoscenza un preventivo di spesa delle opere da eseguirsi. L’avanzata stagione permise la richiesta di una proroga della scadenza fissata. I lavori ebbero inizio il 25 luglio 1934 (giorno di San Giacomo!) alle ore 11.30 e pochi giorni dopo il 6 agosto, alla presenza di un dipendente della sovrintendenza, si provarono le tinte per la facciata. Andrea Pillera eseguì la tinteggiatura della facciata “a 3 tinte con spugnatura e fissatura”.

Il carteggio termina il I settembre 1934, con una lettera del sig. Bianchi Giacomo, fornitore dei ponteggi, all’Istituto Nazionale Assicurazione Infortuni, al fine di concedere una proroga della polizza assicurativa sul ponteggio poiché la Reale Sovrintendenza aveva dato ordine di interrompere i lavori fino a data imprecisata.

I documenti in nostro possesso, da un punto di vista archivistico, si presentano come un fascicolo fin dall’inizio ben ordinato, con particolare cura nella creazione di sottofascicoli che raccolgono scambi epistolari con precisi destinatari. Viene posta da parte di coloro che a suo tempo raccolsero e conservarono tali documenti, particolare attenzione a dare nota di tutti i passaggi di un determinato procedimento, annotando decisioni, copiando minute, riportando scambi orali. Fin dall’inizio c’è la coscienza di dover procedere con ordine alla conservazione di tutto il materiale. Risulta inoltre chiara la rapidità di esecuzione con la quale si procede al rifacimento della facciata, (dall’aprile del 1931 al febbraio del 1932) rispetto al periodo successivo necessario, dopo le indicazioni della Sovrintendenza al ripristino della facciata (circa due anni senza giungere peraltro ad avere una conclusione chiara dell’accaduto). Questo certamente indica la sorpresa che colse la commissione nel momento in cui la Sovrintendenza contestò l’esecuzione fatta, indica anche lo sforzo economico che stava diventando davvero insostenibile per le casse parrocchiali che già avevano attinto dalle offerte oltre che della comunità anche di alcuni istituti bancari. Dal carteggio emerge la figura dell’allora podestà che entrò nella vicenda ponendosi, su richiesta della Prefettura di Brescia, come interlocutore privilegiato tra le parti. Dal 19 settembre del 1932 infatti la corrispondenza da e per la Sovrintendenza passerà dalle mani del commendator Serlini nella sua figura istituzionale di podestà.

Attenendoci alle sole carte esistenti è impossibile una ricostruzione storica precisa di ciò che avvenne in seguito, infatti come ricordato il carteggio termina nel settembre del 1934, sarà necessario quindi procedere (speriamo in un prossimo articolo) nel confronto dettagliato, con l’ausilio di fotografie e del restauro tutt’ora in atto, dei vari passaggi accennati in precedenza: 1930 vecchia facciata; 1932 rifacimento della facciata; 1934 o 1935 ripristino come richiesto dalla Sovrintendenza. Solo un confronto di questo tipo ci permetterà di chiarire quanto accaduto immediatamente dopo la sospensione dei lavori nel settembre del 1934.

Le fonti documentarie

Gli ultimi studi condotti sulla chiesa in occasione della pubblicazione del volume “Il patrimonio artistico di Ospitaletto” nel 1994, utile e prezioso per una recensione di ogni singolo componente della chiesa, nella parte generale evidenziano come uniche testimonianze disponibili in quel momento sulla facciata della chiesa prima del 1930, due indicazioni: uno scorcio del quadro dell’Ariassi del 1895 tutt’ora conservato nella casa canonica e una fotografia tratta da “Illustrazione Bresciana” (anno 6 , numero 95) del 1° agosto 1907. Allo stato attuale, le ricerche hanno permesso di scoprire ben altre quattro fotografie e un prospetto raffiguranti la facciata prima del 1930 e grazie all’interessamento della Sovrintendenza di Brescia, il recupero di una delle due foto della facciata tra il 1932 il 1934. Infatti come già ricordavamo, nel carteggio conservato in Archivio Parrocchiale, tra la Commissione incaricata del rifacimento della facciata e la Sovrintendenza che all’ora aveva sede a Milano, c’è un documento che la commissione invia alla Sovrintendenza datato 30 giugno 1932 nel quale si legge: “Come da vostro desiderio accludiamo la copia della fotografia della facciata preesistente mentre facciamo presente che per la nuova facciata non sono state eseguite ancora fotografie” questa frase dattiloscritta viene corretta a mano cancellando la seconda parte (da “mentre” fino alla fine) e sempre a mano viene aggiunto: “ e due copie della stessa dopo i lavori”. Ora il ritrovamento di questa fotografia permette un corretto confronto tra tre moduli diversi: prima del 1930; dal 1932 al 1934; e dopo il 1934 ossia in sostanza l’attuale facciata. Quindi possediamo un elemento aggiuntivo che colloca il confronto in un’ottica completamente diversa da quella affrontata fino a questo punto. Infatti i confronti instaurati fino ad ora facevano notare la sostanziale continuità tra il prima e il dopo, escludendo quell’intermezzo di due anni che in realtà rappresenta la vera espressione di coloro che (Geometra e Commissione per il rifacimento) diedero l’avvio al rifacimento della facciata nel 1930.

Delle quattro fotografie ritrovate, pubblichiamo qui una delle più nitide che permette di porre in evidenza alcune caratteristiche. Questa fotografia è databile dopo il 1906 infatti è assente la torre campanaria che si ergeva di fronte alla chiesa ed è già ultimato il campanile, completo di ogni suo elemento. La fotografia 1A raffigura il prospetto della chiesa elaborato dal Geometra Marchesi (allora direttore dei lavori) così come si presentava nel 1930. La seconda fotografia (quella recuperata presso gli archivi della Sovrintendenza) va collocata nell’estate del 1932 ( le persone raffigurate sembra portino ancora indumenti leggeri) certamente non prima del 30 giugno come ci testimonia la lettera spiegata sopra. La terza è l’attuale facciata dopo i restauri dei mesi precedenti.

La facciata

Da un confronto a prima vista delle tre fotografie si coglie che strutturalmente la chiesa non subisce grossi stravolgimenti, essa infatti mantiene una tripartizione orizzontale scandita da due fasce di cornici e una tripartizione verticale data dalle lesene che dal basso si innalzano verso l’alto.

Caratteristiche dell’attuale facciata

La facciata si distingue sporgendo verso l’esterno dalle due ali laterali che con la loro cornice ribassata caratterizzano le pareti a lato della chiesa. La facciata è suddivisa in due ordini distinti uno inferiore e uno superiore divisi da una trabeazione che si arricchisce con modanature e rosette. E’ scandita da doppie lesene che poggiando su uno zoccolo in marmo e si innalzano verso l’alto interrotte da capitelli di ordine corinzio con delle foglie di acanto in bella vista. Le quattro nicchie disposte nelle fasce laterali, con una lunetta a tutto sesto quelle inferiori e con una architrave leggermente flessa quelle superiori, accolgono quattro statue che raffigurano i quattro evangelisti con i relativi simboli: San Marco con il leone, San Giovanni con l’aquila, San Matteo con l’angelo e San Luca con il bue. Il portale settecentesco è sorretto da colonnette spigolose, con un elemento decorativo al centro che raffigura il Sacro Cuore dal quale partono raggi verso l’esterno. Sul cartiglio appeso all’architrave si legge: “Inebriabuntur ab ubertate domus tue. MDCCXIX”. La vetrata centrale rappresenta l’immagine della Madonna Immacolata e la cornice che la contorna è decorata da festoni con fronde, foglie e frutti e sovrastata da un’iscrizione: “Alla gran Madre di Dio nel XV centenario del Concilio di Efeso” . Infine nel frontone triangolare è presente un ornamento, che sotto il movimento delle innumerevoli volute tende a ripiegare su se stesso ospitando la scritta “D.O.M.”. Anche nella placchetta al centro della croce posta sopra il frontone ritroviamo l’immagine del Sacro Cuore irraggiante.

Le iscrizioni

La prima dal basso è posta sul portale (“Inebriabuntur…”) “Si inebrieranno dell’abbondanza della tua casa. 1719” così la traduce mons. Gatti nell’opuscolo che pubblica nel sessantesimo di sacerdozio.

La frase ripresa dal salmo 36 al versetto 9, è seguita dalla data che ci testimonia il termine entro il quale il portale è stato completato nelle sue linee essenziali.

La seconda posta nel cartiglio sopra la vetrata ricorda un fatto ben preciso: il concilio di Efeso. Prima dei restauri risultava quasi impossibile la lettura infatti l’iscrizione si presentava come nella figura 4, elaborata per permettere un’accentuazione dei contrasti. Leggibile risulta la scritta “MADRE DI DIO……ENARIO…..FE….O”, sufficiente per uno storico come Mons. Fappani per   leggervi appunto un omaggio al concilio di Efeso celebrato nel 431 e che viene ricordato nel quindicesimo centenario (1931) anno in cui si procede al rifacimento della facciata e alla collocazione della vetrata del Murillo raffigurante l’Immacolata Concezione. Il Concilio di Efeso infatti nell’affermare la natura umana di Cristo contestata dall’eresia di Nestorio, si sofferma sulla definizione di Maria quale Madre di Dio.

La terza “D.O.M.” si ritrova spesso sulle facciate di questo periodo ed è un omaggio a Dio ottimo e massimo.

Tentativo di comparazione

A questo punto possiamo tentare una comparazione fra le tre diverse facciate che le fotografie ci presentano. Nella prima fotografia e nel prospetto del geometra Marchesi, risulta evidente la mancanza di due statue nell’ordine inferiore. Infatti, come già indicato nell’articolo precedente, le quattro statue presenti nell’attuale facciata raffiguranti gli evangelisti, vengono commissionate dalla Commissione per il rifacimento della facciata negli anni trenta, sostituendo quindi le due statue che erano collocate nel registro superiore. Dalle fotografie in nostro possesso non è possibile capire con precisione i santi raffigurati e il carteggio non ci aiuta poiché non cita mai queste due statue.

Se osserviamo attentamente le due cornici orizzontali che scandiscono i piani della facciata, notiamo che ci sono una serie di tegole che formano un tetto spiovente presente anche nella cornice delle ali laterali. Nel rifacimento del 1932 le tegole scompaiono e non vengono reintegrate, infatti anche nell’attuale esse non esistono. L’uso di tegole in facciata non è un elemento che si riscontra spesso, possiamo pensare ad una motivazione pratica quale l’esigenza di difendere dalla corrosione la cornice sporgente.

Un altro elemento che presente nella primitiva facciata, viene alterato nella seconda e non reintegrato è la posizione delle nicchie superiori. Infatti, se nella foto 1 le nicchie si allineano all’ornamento della vetrata dall’alto, nei lavori di restauro le nicchie vengono abbassate portando al medesimo livello le tre mensole. Una terza aggiunta è data da una ulteriore cornice addossata alla parte interna delle lesene centrali, che viene poi ripresa nell’ordine superiore creando un sovrapposizione di piani. Infatti quel terzo movimento addossato agli altri due creati dal fascio di lesene, altera il gioco prospettico complicandolo.

Fin qui gli elementi che già era possibile scorgere confrontando il materiale già in nostro possesso.

L’osservazione della foto 2, cioè la facciata tra il 1932 e il 1934 notiamo altri tre elementi che vengono in seguito reitegrati dandoci la facciata che siamo soliti ammirare. L’ornamento laterale della vetrata scompare, infatti sono ben visibili due colonnette lineari addossate alla cornice con un leggero capitello che nelle forme richiama quelli già esistenti. Nell’attuale viene rifatto l’ornamento riprendendo la forma delle volute esistenti e il fascio di fiori e frutti che pendono dall’alto. Anche l’ornamento all’interno del frontone cambia profondamente. Sparisce il ricco e suntuoso stucco lasciando spazio ad un semplice cartiglio e compaiono due piccole lesene che fungono da prolungamento di quelle sottostanti.